Non è un Paese per titolisti

Esatto. Questo primo articolo del blog tratta i titoli dei film, e più precisamente l’arbitrarietà, l’incapacità, l’eccessiva e non richiesta fantasia con cui i distributori italiani rinominano i film stranieri.

Quante volte (troppe) un titolo perfetto (che risulterebbe tale anche tradotto), diventa tutt’altro, in maniera anche fuorviante, spesso degradante per la qualità di un film magari splendido!

Diciamocelo, i distributori italiani sono dei gran burloni. O si drogano.

Il motivo di certe scelte dipende, nella maggior parte dei casi, dall’appeal che un titolo (italiano) ha sul pubblico (italiano), vuoi per seguire un trend tipicamente nostrano, vuoi per sfruttare il successo di altri film che nulla hanno a che fare con quello in questione. In ogni caso, i risultati sono talvolta veramente irritanti.

Sono state stilate decine di classifiche sui titoli tradotti più brutti della Storia, ma qui mi limiterò a citarne qualche esempio davvero eclatante.

Immagino che siamo tutti d’accordo sul fatto che la traduzione più brutta, offensiva (per il film e per lo spettatore), squallida e “televisivamente” infantile sia “Se mi lasci ti cancello”, un titolo che distrugge totalmente la magia che avvolge quel meraviglioso film di Michel Gondry il cui VERO titolo è invece un verso di una poesia di Alexander Pope: Eternal Sunshine of the spotless mind (Eterno splendore di una mente immacolata). Mi sembra fin troppo chiaro che la distribuzione italiana (la Eagle Pictures) abbia voluto puntare su un pubblico di 14enni, di casalinghe disperate, inguaribili romanticoni puccettoni, attirandoli nelle sale “grazie al” titolo di una ennesima imbecille commediola americana che ricorda quell’altra scemenza di “Se scappi ti sposo”.

Per inciso, “Eternal Sunshine of the spotless mind” è un capolavoro, unico, magico, originale, poetico… certamente non un “commediola” americana. Ma lasciare il titolo originale significava regalare troppa cultura al pubblico dei cinepanettoni.

Per la serie “sfruttare un titolo di successo”, ecco a voi “Il principe delle donne”, un titolo che non sarebbe neanche così fuorviante dal momento che il protagonista (Eddie Murphy) è un dongiovanni sciupafemmine la cui fama gli si ritorce contro (da cui il titolo originale “Boomerang”), ma che risulta irritante per quel suo ruffianissimo richiamo a “Il principe cerca moglie”, sempre con Eddie Murphy protagonista e il cui titolo originale è “Coming to America” (certo: “Venendo in America” pure faceva brutto…poi sarebbe sembrato un film con Rocco Siffredi in trasferta…). E, a proposito di doppi sensi, “Analyze this” (“Analizza questo”) invece di “Terapia e pallottole” avrebbe scandalizzato troppo i bigottoni malpensanti?

Poi ci sono i titoli (fuorvianti) accompagnati da sottotitoli (se possibile, ancora più brutti). “I love you, Philip Morris” – forse per l’omosessualità intrinseca nel titolo, o forse per lo spottone pro tabacco – diventa, grazie al drogato di turno (altro che tabacco!),  “Colpo di fulmine: il mago della truffa” laddove “Colpo di fulmine” fa sempre molto… come dire… cretino, e “il mago della truffa” richiama un’altra decina di film, così giusto per dare un po’ di originalità a quest’opera. La brillante commedia con Billy Crystal, “City slickers” (“Signorini di città”) diventa “Scappo dalla città: la vita, l’amore, le vacche”: la storia di un aspirante eremita che si rinchiude in una beauty farm dove viene massaggiato insieme alle mucche Wagyu.

Idiozia e incapacità appartengono invece a quei distributori che addirittura spoilerano l’intero film in un titolo. E’ il caso di uno dei film più celebri della Storia del Cinema, quel bellissimo “Vertigo”, del grande Alfred Hitchcock, che a causa del titolo italiano  (“La donna che visse due volte”) genera confusione sulla doppia vita della sua protagonista, alludendo allo stesso finale del film. E parlando del grande Hitch, come non citare uno dei suoi più grandi adepti, il sempre discusso e criticato Brian De Palma. Il suo disturbante “Raising Cain” (“Allevando Caino”) diventa “Doppia personalità”, svelando una verità che arriva a film iniziato da parecchi minuti. Sto ancora aspettando il trailer di un giallo in cui la voce narrante, cavernosa ed inquietante, dica “Ve lo aspettereste mai che l’assassino è il maggiordomo? Scopritelo nei cinema!”

I fratelli Coen, si sa, sono eccentrici, incostanti, ma sempre originalissimi nel loro humor nero. Ne dà prova la loro commedia “Intolerable cruelty” (“Intollerabile crudeltà”) che i distributori storpiano in “Prima ti sposo, poi ti rovino”… sempre per richiamare Gere e la Roberts protagonisti di quel “capolavoro” di “Se scappi ti sposo”.

Un altro “richiamino” al passato è rappresentato da quella meravigliosa commedia, “Groundhog day” (“Il giorno della marmotta”), italianizzato in “Ricomincio da capo”, strizzando l’occhio – probabilmente – a “Ricomincio da tre”. Ed è un vero peccato, dal momento che il titolo originale non solo rappresenta il giorno che il protagonista Bill Murray è costretto a rivivere per anni, ma avrebbe suscitato anche più curiosità nello spettatore che si sarebbe chiesto “Cosa accade in quel particolare giorno?”. Ma si sa: il fruitore medio non deve né pensare, né interpretare… deve solo accomodarsi in poltrona, ridere a una scorreggia di Massimo Boldi e via.

Ci sono poi quei casi in cui viene da chiedersi…”perché?”. Perché un film come “Mad Max” viene ribattezzato con un altro nome anglosassone, “Interceptor”? … Perché lo struggente “Dead poets society” (“La setta dei poeti estinti”) diventa (seppur bello) “L’attimo fuggente”? Perché l’interessante opera con Sean Penn e Kevin Spacey “Hurlyburly” (letteralmente: confusione, trambusto, caos) diventa inspiegabilmente “Bugie, baci, bambole e bastardi”? L’originalissimo “Stranger than fiction” (“Più strano della finzione”) diventa “Vero come la finzione”… Caro distributore italiano, il regista di quel bellissimo film, Marc Forster, ti ha detto che è “più strano”, non “vero”… ma perché insisti??? Il monotermine “Melody” diventa “Come sposare la compagna di banco e farla in barba alla maestra”; E “The sound of the music” (“Il suono della musica”) diventa nientedimeno “Tutti insieme appassionatamente”…? A quel punto “indovina chi viene a cena” potevate chiamarlo “Volemose tanto bene”… o magari “Kramer contro Kramer” potevate rinominarlo “Prima ti sposo, poi ti divorzio”.

Rari sono i casi, invece, laddove il titolo italiano “migliora” il film, o quantomeno le aspettative. E’ il caso di “Il profumo del mosto selvatico” che nobilita il più banale “A walk in the clouds” (“Un cammino fra le nuvole”); e forse rientra in questa categoria anche l’eccellente “Gli spietati”, dell’inossidabile Clint Eastwood, che difficilmente avrebbe trovato una facile traduzione dall’originale “Unforgiven” (anche se io l’avrei lasciato così…)

Un’ultima menzione la meritano quei film – famosi, meno famosi, ma anche sconosciuti – i cui titoli sono palesemente il parto di sporcaccioni amanti delle barzellette di Pierino, o seguaci di intellettuali del calibro di Jerry Calà ed Enzo Salvi. Citerei i seguenti capolavori: “Uomini e donne tutti dovrebbero venire…almeno una volta” (titolo originale: “Trust the man”), “Lasciami baciare la farfalla” (“I love you, Alice B.”), “Per favore non toccate le palline” (“The honeymoon machine”), “Fatti, strafatti e strafighe” (“Dude, where’s my car?”), “Puttano in saldo” (“Deuce Bigalow: European gigolo”), “No, No, No, con tua madre non ci sto” (titolo dato da un noto autore di filastrocche per defenestrati mentali… e pensare che il titolo originale è “Le grand amour”…), “Hanno rubato le chiappe di Afrodite”… qui deve esserci lo zampone di Tinto Brass! (“On a volé la cuisse de Jupiter”), “Maial college” (“Van Wilder”)

Ci sarebbero tanti e tanti e tanti e tanti e ancora tanti esempi. Ma chiuderei con una curiosità. A volte l’eccessiva arbitrarietà ha creato confusione e imbarazzo, come nel caso del film statunitense “Rio Grande”, uscito nel 1948 e inspiegabilmente tradotto in “Rio Bravo”. 11 anni dopo uscì “Rio Bravo”… come tradurlo??? Semplice, come non pensarci!… “Un dollaro d’onore”.

 

Fonti:

ilPost.it

bastardiperlagloria.wordpress.com

oltreuomo.com

 

 

 

 

 

 

 

One thought on “Non è un Paese per titolisti

  1. Veramente ben scritto… e si capisce da lontano che sei una persona interessante e giocherellona.
    Continuerò a seguirti, complimenti

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